L’INTERVISTA – Brennan: Elettori informati e preparati possono “aggiustare” la democrazia

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di Simone Bonatelli – Nel suo saggio “Contro la democrazia” Jason Brennan descrive tre segmenti di elettori:

1) Gli hobbit che essenzialmente non sono interessati alla politica ma nemmeno alla comprensione di argomenti e argomentazioni.

2) Gli hooligan che leggono la realtà secondo una posizione predefinita, largamente affetti da pregiudizi di conferma e impermeabili ai dubbi che minacciano le loro convinzioni,

3) I Vulcaniani, che sono scientificamente guidati e analitici.

Abbiamo visto molti paesi passare dalla democrazia liberale a qualcosa di diverso, come la democrazia illiberale o i governi guidati dai partiti populisti in tutto il mondo. Qual è il ruolo di ciascun segmento in questa tendenza? Lo chiediamo direttamente a Brennan in questa intervista esclusiva per L’Epistocratico.

“Quasi tutti o sono hobbit o hooligans. I Vulcaniani sono un prototipo ideale più che un tipo di persona che troviamo là fuori nel mondo reale.

La sfortunata tendenza, valida per hobbit e hooligan, è che quando le persone rilevano dei problemi con la democrazia, si rivolgono tipicamente all’autoritarismo o invocano un uomo forte (o una persona forte, se sono progressisti!) che arrivi a risolvere il problema percepito. Il pensiero alla base è che la democrazia abbia troppi riunioni, sia troppo lenta e divida il potere in modo inefficace, dunque si deve “semplicemente” autorizzare una persona a scavalcare la democrazia affinché le cose siano davvero portate a termine.

La pandemia di COVID-19 ne è stata un esempio eccellente. Tutti i miei colleghi e amici che affermano di amare la democrazia hanno apprezzato gli amministratori anche quando hanno emesso da soli ordini di emergenza che bloccavano le loro città, contee, stati/province o paesi. Erano infuriati ogni volta che – udite bene! – i legislatori eletti osavano mettere in discussione questi ordini di emergenza.

I simpatizzanti dell’autoritarismo fanno un tributo ai democratici quando i dittatori fingono regolarmente di essere stati eletti. Ma i democratici fanno un tributo a coloro che simpatizzano per l’autoritarismo poiché rivendicano sempre poteri di emergenza ogni volta che ritengono sia opportuno.

Nell’attuale panorama politico mondiale vede qualche esempio di epistocrazia messo in pratica? Alcuni giornalisti hanno definito semiepistocratico il governo italiano di Mario Draghi. Quali sono i principi chiave a cui un gabinetto dovrebbe attenersi per essere epistocratico?

“Francamente, non vedo molta epistocrazia da alcuna parte. Forse la cosa più vicina che abbiamo sono alcune banche centrali, immuni dal controllo democratico diretto e dove gli esperti hanno una sorta di potere di veto su alcune azioni legislative.

Dobbiamo stare molto attenti a non confondere l’epistocrazia con la tecnocrazia. “Tecnocrazia” denota l’idea che a un piccolo gruppo di esperti venga concesso un ampio potere di manipolare le persone e l’economia. La maggior parte dei miei colleghi che affermano di essere democratici e che affermano di odiare l’epistocrazia sono comunque innamorati della tecnocrazia così definita. E adorano l’idea di poter autorizzare burocrati esperti o membri esperti di gabinetto a fare ciò che vogliano, purché siano stati nominati o siano supervisionati da un processo democratico. L’epistocrazia, al contrario, è più radicale. Si tratta di soppesare i diritti di voto fondamentali dando un peso per competenza e livello di informazione.

Francamente, uno dei motivi per cui mi piace l’epistocrazia è perché si oppone alla tecnocrazia. Penso che i governi tecnocratici tendano a fallire. Gli esperti che dovrebbero impegnarsi nell’ingegneria sociale per il nostro bene commettono sempre errori, producono conseguenze non intenzionali o consentono posizioni di rendita e la cooptazione delle istituzioni. Gli elettori democratici non se ne rendono conto e quindi votano sempre per espandere il potere tecnocratico. Gli elettori epistocratici sono meglio informati e più realistici, e quindi sono meno entusiasti di dare potere alle tecnocrazie”.

Prevede un percorso ideale verso l’epistocrazia? Quali potrebbero essere i passaggi principali e la corretta sequenza verso l’epistocrazia?

“Se parliamo di una società veramente ideale, parleremmo di anarchismo. Considerate i tribunali penali o le forze armate. Se le persone fossero intrinsecamente brave, non avremmo affatto bisogno di loro. Penso che lo stesso valga per il governo in generale. Le persone rispettabili sarebbero anarchiche. Abbiamo bisogno di un governo e questo è dovuto al fatto che molte persone sono cattive.

Questo significa che dobbiamo costruire un governo partendo dal presupposto che sarà anche pieno di persone cattive. Non c’è nessuna schiera di angeli là fuori pronto a governarci. Qualsiasi istituzione creata allo scopo di servire la buona volontà comune sarà, in una certa misura, infiltrata da persone cattive con fini propri che useranno questa stessa istituzione contro di noi.

Per questo motivo, la mia raccomandazione è sempre di iniziare dal piccolo, vedere come vanno le cose e poi estendere ulteriormente. Forse un piccolo stato americano potrebbe sperimentare il voto di preferenza illuminato, vedere come va e se dovesse funzionasse altri potrebbero copiarlo. Se al contrario non dovesse funzionare adeguatamente, si potrebbe modificare e riprovare.

(Nel voto di preferenza illuminato, tutti possono votare. Quando si vota, si farebbero tre cose: 1. Diteci cosa volete, dichiarando la proprie preferenze per qualsiasi cosa venga votata. 2. Diteci chi siete, dichiarando le proprie caratteristiche demografiche. 3. Mostraci cosa sapete, attraverso un breve test che comprovi il livello di conoscenza. Una volta raccolte queste tre tipologie di informazioni da molti elettori, potremmo stimare statisticamente ciò che un pubblico votante, demograficamente identico, avrebbe scelto qualora fosse stato perfettamente informato (secondo gli standard del test). L’idea è che si metta in atto quanto scelto da questo pubblico informato e non quanto perseguito dalla restate parte di disinformata [mantenendo comunque la rappresentatività demografica del totale votanti ndr]. Un pubblico perfettamente informato ad esempio non avrebbe votato per la Brexit)”.

Vogliamo che tutti i cittadini partecipino attivamente alle attività politiche, con un’adeguata consapevolezza del contesto circostante e la capacità di valutare i fatti da soli. Vediamo che i programmi scolastici, compresi i corsi di educazione civica, svolgono un ruolo chiave nello spiegare come funzionano le istituzioni. Potrebbe essere un percorso lungo, vede altre leve per rafforzare e velocizzare la preparazione del cittadino?

“L’istruzione ha un effetto minimo sulle capacità civiche o sulla conoscenza politica dei cittadini. L’evidenza empirica è che i corsi di educazione civica siano una perdita di tempo. Gli studenti non imparano molto e dimenticano quel poco che sanno. I cittadini altamente istruiti tendono a saperne di più dei cittadini non istruiti ma sorprendentemente si scopre che l’istruzione in sé non è il motore di questa maggiore conoscenza. Non è che l’ottenimento di un’istruzione superiore renda le persone più informate sulla politica. Piuttosto, i tipi di persone che scelgono di perseguire e completare un’istruzione superiore sono anche i tipi di persone che scelgono di essere meglio informati sulla politica. Come variabile indipendente, l’istruzione superiore prevede che una persona sarà solo circa il 5% più informata [politicamente ndr] di una persona non istruita.

In sostanza non sappiamo come rendere le persone dei buoni cittadini. Tutto ciò che cerchiamo di fare fallisce. I soldi spesi per l’educazione civica dovrebbero essere riassegnati per riparare buche o per qualcosa di utile.

Il motivo per cui queste iniziative falliscono è da ricondurre ad circolo vizioso: il tuo voto non ha importanza, di conseguenza, la maggior parte delle persone non hanno alcun incentivo a diventare brave in politica, perché essere bravi in politica ha quasi zero possibilità di fare una differenza positiva nel mondo.

La chiave per aggiustare la democrazia non è migliorare i cittadini, cosa al limite del senza speranza. Si tratta invece di imparare come ottenere risultati migliori con la cittadinanza disinformata e irrazionale che abbiamo”.

Vede l’epistocrazia supportata da una rete globale? Vede l’epistocrazia come qualcosa di globale o locale?

“Viviamo in un mondo post pace di Westfalia, in cui le persone sono ripartite in stati-nazione. Questa impostazione non andrà via molto presto. Se l’epistocrazia sarà mai implementata, sarà implementata in questo tipo di mondo [in ciascun stato autonomamente e indipendentemente ndr]. Ma in termini di ricerca, [l’epistocrazia ndr] è globale”.

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