Quella povertà che gira attorno a Iva e inflazione. Un pannolino non è un bene di lusso, in una Repubblica ed Europa della conoscenza

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di Stefania Piazzo – L’altro giorno la Caritas e oggi l’Istat ci ricordano che non siamo in una Repubblica della conoscenza. Quando vi sono barriere consistenti che bloccano un processo di uguaglianza sociale, non ci può essere libertà. Libertà di scegliere, di decidere, di studiare, farsi una famiglia, dei figli e quindi di far crescere un Paese.

A volte basta un dettaglio per cambiare il corso degli eventi.

Cosa dice la Caritas? Il Rapporto statistico nazionale della Caritas Italiana, si legge sulle agenzie, certifica che circa i due terzi delle famiglie in difficoltà assoluta intervistate (64,6%) dichiara di essere costretto a rinunciare a opportunità formative e di lavoro non potendo lasciare il/i figlio /ia nessuno. Una percentuale che vendita al 69,5% per le donne, dimostrando che il lavoro di cura pesa di più sulle loro spalle. Il 47,1% afferma di non avere tempo per sé, il 38,2% si trova costretto a rinunciare ad attività ricreative per i propri figli, come ad esempio festeggiare il compleanno. Ricorre poi il tema sanitario che chiama in causa il tema dei diritti: il 35,4% delle mamme dichiara di dover rinunciare a prendersi cura della propria salute. Quasi una famiglia su sette (15,2%) non accede al pediatra di libera scelta. “Un dato – scrive Caritas Italia – che ricorda la scarsità dei pediatri nel nostro Paese e la necessità di garantire l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale a tutti i minori, come previsto dalla legge”. 

Ecco la chicca, però.  Tra le principali difficoltà primeggia “l’acquisto di prodotti di uso quotidiano, come pannolini (tale difficoltà è percepita dal 58,5% degli assistiti), abiti per bambini (52,3%) o alimenti per neonati come il latte in polvere (40,8%), le visite specialistiche pediatriche private (40,3%), l’acquisto di medicinali o ausili medici per neonati, specie se in presenza di disabilità o disturbo del linguaggio (38,3%). Oltre all’acquisto di giocattoli per i propri figli (37,2%), al pagamento delle rette per gli asili nido o degli spazi baby (38,6% dei nuclei) e anche, in casi di necessità, il compenso di eventuali servizi di baby-sitting (32,4%)”. I pannolini e gli alimenti per i più piccoli subiscono una tassazione da bene di lusso.

Strategicamente geniale per i legislatori che sono su altre faccende affaccendati. L’arte della conoscenza e del buon senso, del ruolo dello Stato che deve svolgere un ruolo di garante della vita, non gli compete.  

Ma colpisce anche questo. Oltre i due terzi delle persone in povertà, secondo i dati dei Centri di ascolto Caritas consultati, “hanno livelli di istruzione bassi o molto bassi (67,3%), condizione che si unisce a una cronica fragilità occupazionale, in termini di disoccupazione (48,1%) e di “lavoro povero” (23%). Non e’ dunque solo la mancanza di un lavoro che spinge a chiedere a aiuto: di fatto quasi un beneficiario su quattro e’ un lavoratore povero”.

Il lavoro mal retribuito, l’inadeguatezza del sistema di formazione….

L’Istat invece cosa certifica? Oggi sforna altri dati impressionanti.

Nel 2022, sono in condizione di povertà assoluta oltre 2,18 milioni di famiglie (8,3% del totale delle famiglie residenti, da 7,7% nel 2021 ), per un totale di oltre 5,6 milioni di individui (9,7%, in crescita dal 9,1% dell’anno precedente). Il peggioramento della povertà assoluta è imputabile, in larga misura, alla forte accelerazione dell’inflazione. I minori colpiti dalla povertà assoluta sono 1 milione 269 mila, appartenenti a 720 mila famiglie. Gli stranieri in povertà assoluta sono oltre 1 milione 700 mila, con un’incidenza della povertà assoluta tra gli stranieri pari al 34,0%, valore di oltre quattro volte e mezzo superiore a quello degli italiani. La situazione è particolarmente critica per chi vive in affitto: oltre 983 mila famiglie in povertà vivono assoluta in affitto (45% delle famiglie povere).

L’incidenza della povertà assoluta tra le famiglie in affitto è del 21,2%, mentre tra quelle che vivono in abitazioni di proprietà è del 4,8%. Entrambi i valori sono in crescita rispetto al 2021.

Inutile chiedersi che ne è delle politiche abitative, delle politiche per il sostegno alla maternità, agli asili nido, e quindi al diritto al lavoro per le donne. Perché se non possono lavorare è perché devono accudire i figli. Un nido porta via uno stipendio.

E’ populismo? E’ qualunquismo? No, è distillato di ignoranza della politica, che va all’incasso elettorale, con la demagogia o il voto di scambio. Il resto sono tasse per lo status quo.

Peccato che l’Europa non sanzioni l’Italia per questo deficit di democrazia e non solo per i pasticci del debito pubblico. Un patto di stabilità, basato sulla conoscenza, è il primo partito pro vita. Altro che litigare su aborto e autonomie. Ripartiamo dal pannolino.

credit foto piron-guillaume-cRRDzGxqVe8-unsplash

Stefania Piazzo

Stefania Piazzo è una boomer del 1964, è giornalista professionista. Ha diretto diverse testate nazionali. Ha una profonda passione per gli animali. Educatore cinofilo, collabora con la Federazione nazionale dell'Ordine dei veterinari, ha fatto parte della prima task force del ministero della Salute per il benessere animale. Premio Oipa-Segretariato sociale Rai-Comune Roma, Premio internazionale San Rocco di Camogli, Premio San Francesco Comune Genova-Esercito Italiano, Premio Garante Comune Milano e altri riconoscimenti. Ha collaborato con l'Izs di Lombardia-E.R, Centro di referenza per i metodi alternativi. Ha due beagle e un gatto.

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