di Stefania Piazzo – Esiste un ministero, quello dei Rapporti con il Parlamento, che non balza mai agli onori della cronaca. E’ di fatto l’ufficiale di collegamento tra le due Camere e Palazzo Chigi. Infine, periodicamente i capigruppo di maggioranza e opposizione si ritrovano, discutono sui provvedimenti che vanno al voto, sanno quando arrivano, sanno quanto deputati sono in missione, quanti assenti, quanti in malattia… Sanno, o sapevano.
Insieme sono, o erano, gli strumenti che regolano o regolavano la scansione delle assemblee, il passaggio dei provvedimenti. O no?
Una e più domande Una e più domande sul governo andato “sotto” sul voto al Def a Montecitorio. Dov’era il ministro dei Rapporti con il Parlamento? Dov’erano i capogruppo di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia? Un po’ meno social, un po’ meno Tik Tok e un po’ di più di vita reale con i regolamenti d’aula da studiare?
Ma, di fatto, la toppata sul Def e i voti mancanti, abbiamo la sensazione che sia arrivata senza che anche l’opposizione ne fosse consapevole. Da destra a sinistra, il populismo che ha portato al taglio dei parlamentari, non ha nel dna il senso marcia delle istituzioni.
Va di moda dire “non si sono accorti che stavamo arrivando”. In effetti gli elettori non si sono accorti quasi di nulla. Votano a capocchia e chi grida di più ha sempre ragione, come nella Repubblica di quattro amici al bar. Il voto sul Def è la fotografia perfetta del Paese reale. Tale elettore, tale eletto.