SUL VOTO, BUONI PROPOSITI E CATTIVI PRESAGI

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di Luca Cappellini – Non tutti sanno che fino a qualche anno fa in Italia il voto era obbligatorio. La Costituzione prevedeva che nessuno avrebbe dovuto sottrarsi al proprio dovere etico e morale. L’articolo 48 della Costituzione oltre che sancire il principio del suffragio universale, riconoscendo l’elettorato attivo a tutti i cittadini maggiorenni senza distinzione di genere, indicando che il voto è eguale nel senso che ogni voto ha lo stesso valore di tutti gli altri, aggiunge all’articolo 4 che “l’esercizio del voto è un obbligo al quale nessun cittadino può sottrarsi senza venir meno ad un suo preciso dovere verso il Paese[…]. L’elettore che non abbia esercitato il diritto di voto, deve darne giustificazione al sindaco […]. L’elenco di coloro che si astengono dal voto (…)senza giustificato motivo è esposto per la durata di un mese nell’albo comunale. Per il periodo di cinque anni la menzione ‘non ha votato’ è iscritta nei certificati di buona condotta».


La Costituzione aveva previsto un obbligo morale ma non aveva indicato delle sanzioni. Gli Italiani, dopo aver sperimentato la dittatura fascista, avevano preso sul serio questo impegno, dimostrando con un’affluenza al voto dell’89% al referendum “Repubblica contro Monarchia” la voglia di rendersi partecipi alla vita pubblica della propria comunità.

Durante le prime votazioni oltre ai numeri bastava guardare le foto d’epoca per capire l’impegno e la voglia di rendersi partecipi: lunghe file e il vestito buono per recarsi alle urne erano prove empiriche che il coinvolgimento e lo spirito etico erano un bene comune.


Dopo decenni dove è migliorato l’accesso alle informazioni ed è aumentato il livello culturale, purtroppo è inversamente proporzionalmente diminuita la partecipazione al voto. Le ultime votazioni politiche hanno avuto un record negativo portando nelle urne solo il 64% degli aventi diritto al voto con un “primato” alle elezioni in Lombardia del 42%.


La colpa non può essere data dalla cessazione dell’obbligo a recarsi alle urne a seguito dell’abrogazione del dpr n.361 del 30 marzo 1957, avvenuta nel 1993.


Le previsioni indicano che a breve potremmo attestare l’astensionismo oltre quota 50%.
Non solo non indossiamo più il “vestito buono” il giorno delle votazioni, ma non ci vergogniamo di dimostrare al mondo intero, sulle pagine social, la nostra impreparazione e ignoranza. Abbiamo perso l’inibizione di renderci ridicoli condividendo falsità e credendo ai falsi miti populistici del politico di turno. Non ci sfiora l’idea che sia immorale non andare a votare, non sapere nulla sull’ultimo referendum, non solo sui contenuti ma addirittura non sapere quando verrà effettuato.


Perdendo la dignità nel partecipare alle votazioni, abbiamo trascurato la morale e la civiltà. Trascurando la preparazione abbiamo perso la capacità di non essere manipolabili.


Il 2024, visti i molti appuntamenti elettorali (presidenziali americane, elezioni europee,…) sarà un anno fondamentale per mantenere un buon livello di democrazia. Ci possiamo porre tutti i buoni propositi ma i numeri non si possono nascondere. Cosa ci dice una società che non si interessa di partecipare alla propria vita comune? Cosa comunica un popolo che si vanta di non partecipare al voto ? Cosa significa un post di un nostro conoscente che non si vergogna di comunicare pubblicamente la propria ignoranza e impreparazione.


Tutti pessimi presagi che anno dopo ci hanno portato al punto di non ritorno.
Rendere obbligatorio il voto abbiamo visto che non può essere considerata una cura. Ma se rendessimo obbligatoria una preparazione minima per mettere quella benedetta “X” in maniera consapevole e far capire il significato di dovere morale ed etica per non perdersi l’appuntamento elettorale nel proprio seggio, potremmo trasformare questi pessimi presagi in ottime rivelazioni ? Ecco, questa è Epistocrazia.

Luca Cappellini

Warehouse Stock Manager in azienda leader delle Grande Distribuzione Organizzata. Bibliomane appassionato e quando i quattro figli lo permettono si dedica all’arte della navigazione a vela e al violento gioco degli scacchi. La parola usata più di frequente è “pragmatismo”.

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