di Stefania Piazzo – Tutti i giorni accendiamo l’oro colato, ovvero il televisore. Le immagini sono sovrane, il successo dei social è lì a ricordarlo. La democrazia del video detta legge. Ma se ad un oggetto chiediamo di essere competente, tanto che la sua durata in vita viene persino programmata affinchè se ne acquisti un altro, perché non possiamo chiedere altrettanto aggiornamento dei requisiti a chi produce la notizia?
Due brevi esempi. Il primo, sono le proteste in Francia contro l’innalzamento dell’età pensionabile a 64 anni. Mai manifestazione pare incarni il senso di fraternitè… e affini. In piazza si vedono migliaia di giovani. Più che cinquantenni minati nei loro diritti acquisiti. Sarà…
Il secondo, è il nastro della storia che si riavvolge nel vedere Putin in tv che, come fece Ceausescu ai tempi d’oro del suo incontrastato dominio, elargisce case ai poveri , in questo caso i “fratelli ucraini” tornati sotto il controllo di Mosca. Nè più né meno di quanto mandava in onda nel 1987 al tg rumeno della sera la tv per esaltare simile gesta del dittatore che, due anni dopo, finiva appeso il suo dorato percorso umanitario.
Ecco. Magari, oltre alla bulimia di notizie sui cortei, le proteste, gli insulti di cui è pieno il dibattito tv, vogliamo riscoprire la dignità del mestiere di informare con un minimo di concime della riflessione e della comparazione storica quanto si propone al grande pubblico?
Non si è e non si resta giornalisti solo perché si onorano i corsi di aggiornamento obbligatori. Né, i politici, sono meno chiamati in causa per il solo fatto di avere ogni cinque anni il consenso in cabina elettorale. La storia non si ferma. Magari si studia. E laddove non la si decripta, si interpella chi analizza i fenomeni della società, per regalarci un po’ di luce della conoscenza. Anche ammettere i propri limiti è epistocratico. La democrazia del dubbio non è un’eresia quando è necessaria.
Foto di Possessed Photography