La riforma Meloni contro il cambio di casacca dei parlamentari non serve. Ecco perché

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di Simone Bonatelli – La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha annunciato che grazie alla sua proposta di riforma costituzionale sarà possibile mettere fine, definitivamente, alla stagione dei ribaltoni e dei politici che cambiano casacca. Insomma io voto una candidato che è messo in lista da un certo partito il quale ha un programma e dopo essere stato eletto nel corso della legislatura quella stessa persona inizia a trasmigrare in gruppi parlamentari differenti, talvolta portatori d’idee e agende molto lontane dal partito con cui era stato messo in lista.


Torniamo un momento al 2018 immaginiamo di essere un entusiasta elettore del movimento Cinque Stelle. Avete scelto il candidato M5S perché sostenitore, tra le altre cose, di una forte impronta anticaste, di un sostegno allo sviluppo dell’energia rinnovabile e di una fiducia nella tecnologia e della sua applicazione nella società. Alle elezioni il vostro voto contribuisce a raggiungere il ragguardevole risultato del 32% posizionando il movimento 5 Stelle come primo partito italiano, il 32% è tanto ma non sufficiente per governare da soli.


Pochi mesi dopo insieme ai paladini eco tecnologici e anticaste che avete scelto, giurano come ministri tra gli altri: Matteo Salvini, Giancarlo Giorgetti e Giulia Bongiorno. Non esattamente nuovi in politica, non propriamente ecologisti e men che meno tecnologicamente visionari. Immaginiamo ora un fantomatico senatore “Mario Rossi”, eletto proprio nel vostro collegio in quota M5S dichiarare: “Con quei dinosauri leghisti dei tempi del carbonifero non voglio avere niente a che fare!” e prontamente Mario Rossi vota contro la fiducia al governo giallo verde, venendo poi espulso dal partito.

Chi ha tradito, il senatore o il partito?
Passa un anno e il governo Conte 1 cade perché Salvini vuole passare all’incasso sulla base dei sondaggi. Conte e Grillo decidono di proseguire l’avventura con altri capitani e marinai, entrano nel governo tra gli altri il PD e Liberi e Uguali. A questo punto una fantomatica deputata “Anna Bianchi”, incredibilmente anch’essa eletta nel vostro collegio dichiara a sua volta che “con il partito di Bibbiano non vuole immischiarsi”, punta i piedi e vota contro la fiducia al governo Conte 2. A questo punto la deputata Anna finisce nel gruppo misto prima e nelle file della Lega poi.

Chi ha tradito, Conte o la deputata?
La narrativa corrente ci dice che il senatore Rossi e la deputata Bianchi siano dei trasformisti ma non mi è chiaro come definire il concetto trasformismo: applicato ai singoli, applicato ad un partito o all’illuminato leader che lo guida?
Dunque? Via libera al “senso di responsabilità” dei mitologici Razzi e Scilipoti? La libertà di scelta degli eletti è certamente stata usata anche per scopi che non avevano molto a che fare con dilemmi etici o politici. Il “mercato delle vacche”, termine orribile, è certamente esistito. Il problema del cosiddetto trasformismo esiste ma la soluzione della presidente Meloni non coglie il bersaglio.


Se deputati e senatori sono solo chiamati a eseguire le linee della direzione centrale del partito, allora cosa esistono a fare? Servono eletti che abbiano una propria agenda accanto al programma del partito e una testa per portarla avanti in base alla propria coscienza. Servono eletti con capacità di giudizio e pensiero autonomo. Se nei passaggi parlamentari non si aggiunge nulla, perché chi interviene manca di profondità e idee, allora cosa aggiungono i singoli deputati e senatori ai ghiribizzi del leader di turno che magari impone la sua linea sulla base della contingente direzione del vento?

Quello che sentiremo dai singoli e che di fatto sentiamo già da tanti anni sono solo spinte all’estremizzazione. Emergono solo i più realisti del re. L’epistocrazia, nel senso di eletti più solidi autonomi e capaci di motivare le proprie idee e scelte è la vera soluzione, il resto sono pannicelli caldi.

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