di Simone Bonatelli – In “Homo Deus” Yuval Noah Harari si occupa del futuro dell’umanità dopo aver descritto, nel precedente libro “Sapiens”, l’evoluzione dell’uomo dalla nascita di questa specie umana ai giorni nostri.
Per tratteggiare quale futuro attenda la razza umana, Harari parte da una prospettiva storica. In ambito medico per esempio si sofferma sul fatto che le ricerche attuali siano sempre più concentrate sul miglioramento della vita dei sani, prevenendo l’insorgere delle malattie anziché curarle. Scienza e medicina dunque evolvono verso un’ambizione divina, quella di superare la morte.
Homo Deus è un’opera che lascia continuamente sbalorditi proprio perché ogni ipotesi, sulle direttrici che prenderà l’umanità, è collocata a partire da molteplici prospettive, come quella storica, biologico-genetica, tecnologica ed etica. Personalmente sono rimasto impressionato dall’analisi sul ruolo delle religioni monoteiste nella rivoluzione agricola, dove piante e animali sono state posizionate al servizio dell’uomo in una cosmologia che mettesse l’uomo al centro in diretto contatto con dio.
Una prospettiva molto lontana dalle religioni animiste precedenti, dove l’uomo era solo una componente di un qualcosa di più grande e interdipendente, visione quest’ultima compatibile con l’uomo cacciatore-raccoglitore ma non più funzionale per l’uomo stanziale e agricolo.
L’aspetto su cui vorrei soffermarmi maggiormente è quello del libero arbitrio e della sua potenziale crisi secondo Harari. Il libero arbitrio è il cardine dell’umanesimo non solo quando si parla di religione ed etica ma anche e quando si parla di elettori e consumatori.
Harari prevede una crisi imminente di questo perno della nostra società, indicando come la tecnologia e le forze sociali possano mettere in discussione l’idea che si possa arrivare ad una libera scelta dell’individuo.
Le tecnologie emergenti, come l’intelligenza artificiale e l’automazione avanzata, sollevano domande profonde sulla reale autonomia delle decisioni umane. Harari suggerisce che le nostre scelte potrebbero essere influenzate e addirittura determinate da fattori esterni, sfidando la concezione tradizionale di libero arbitrio come espressione della volontà individuale indipendente.
Il declino del libero arbitrio, secondo Harari, è alimentato anche dalla crescente manipolazione delle informazioni da parte di giganti tecnologici. Le piattaforme digitali, attraverso algoritmi sofisticati, possono personalizzare il nostro ambiente informativo, limitando la diversità delle opinioni alle quali siamo esposti. Questo controllo sottolinea una crisi più ampia: l’illusione che l’elettore e il consumatore abbiano sempre ragione.
Harari critica l’idea che il libero arbitrio possa resistere alla manipolazione e alle illusioni. Le persone, secondo l’autore, potrebbero essere inconsapevolmente influenzate da forze invisibili, tra cui la biologia, la genetica e le strategie di persuasione digitale. Questo solleva una domanda cruciale sulla capacità delle persone di prendere decisioni informate e autonome.
L’illusione che l’elettore e il consumatore abbiano sempre ragione è messa a dura prova dalla crescita delle “echo chambers” digitali, dove le persone sono esposte principalmente a opinioni e informazioni che confermano le loro preesistenti convinzioni. Questo fenomeno, noto come bias di conferma, solleva dubbi sulla validità delle scelte individuali in un contesto dove la diversità di prospettive è limitata.
In conclusione, “Homo Deus” ci invita a riflettere sulla nostra fiducia nel libero arbitrio e sulla sua sopravvivenza nell’era tecnologica. Harari solleva domande fondamentali sulla natura della nostra autonomia decisionale e ci invita a essere consapevoli delle forze che plasmano le nostre scelte.
La crisi del libero arbitrio, dunque, non solo sfida il paradigma dell’umanesimo, ma ci spinge a considerare nuove prospettive su chi siamo e come prendiamo decisioni nella società odierna.