NON LAVORO, NON STUDIO, NON VOTO

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di Luca Cappellini – Potremmo risolvere la questione dei giovani con alcune semplici frasi. “I giovani d’oggi non hanno più rispetto”,“Ai miei tempi ci si dava da fare”, “Alla tua età non stavo tutto il giorno sul divano”.
Ma come scrisse De Andrè “Si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare cattivo esempio”, è preferibile analizzare i dati per trovare una soluzione e non delle giustificazioni e falsi “buoni consigli”.


Gli ultimi dati Istat indicano che nel 2022 in Italia quasi 1,7 milioni di giovani, un quinto di chi ha tra i 15 e i 29 anni, non studia, non lavora e non ha percorsi di formazione attivi. Sono i cosiddetti Neet dall’acronimo inglese di Not [engaged] in Education, Employment or Training, (“Non [attivo] in istruzione, in lavoro o in formazione”): è una persona che al momento non studia, né lavora né riceve una formazione.


Il fenomeno dei Neet è distribuito maggiormente tra i giovani del sud e delle isole (27,9%), diminuisce al crescere del titolo di studio, 20% tra i diplomati o con la terza media e 14% tra i laureati.

Rispetto ai paesi europei, solo la Bulgaria con il 21,5% e la Romania con il 31,6% hanno il tasso più alto di Neet rispetto all’Italia. Se in questa classifica siamo sul podio, nella classifica della spesa in istruzione rispetto al Pil, l’Italia con il 4,1% è all’ultimo posto in Europa, che in media spende il 4,8% (fonte Eurostat 2021).


Abbiamo un esercito di giovani inattivi che accusiamo di non darsi da fare, mentre la mancanza d’impegno, come certificano i dati è nella proposta formativa e nei pochi investimenti in istruzione.


Il poco impegno in studio e lavoro dei nostri ragazzi saranno giustificati da un’alta partecipazione all’interesse della cosa pubblica ?


La generazione dei Millennials (i nati tra il 1981 e la metà degli anni ‘90) e la Generazione Z (i nati dalla seconda metà degli anni ’90 e il primo decennio degli anni 2000) come rispondono politicamente a questo disinteresse nei loro confronti?


L’analisi post-voto di Ipsos alle ultime elezioni politiche dello scorso 25 settembre profila gli elettori giovani dando un quadro sconfortante.


La partecipazione al voto dei giovanissimi (GenZ) è sotto la media nazionale con un’astensione al 35%, mentre i giovani adulti (Millennials) detengono il record dell’astensionismo con il 45%. Secondo l’indagine Ipsos la GenerazioneZ ha una visione più ottimista e fiduciosa della politica mentre i Millennials sono molto più arrabbiati e percepiscono un sentimento di esclusione sociale che si riflette sulle percentuali di astensione al voto, di interesse e partecipazione.


Alla domanda “La democrazia ormai funziona male, è ora di cercare un altro modo per governare l’Italia?” sono favorevoli il 40% degli appartenenti alla GenZ e oltre il 57% dei Millennials. I temi più sentiti per i Millenials sono tasse, lavoro, occupazione mentre per i più giovani della GenZ, che vivono in un mondo più “protetto”, hanno maggiore interesse per l’ambiente, la scuola, i diritti civili.


Con l’aumentare dell’età, senza un investimento della scuola e sulla formazione, i nostri giovani sono destinati a disinteressarsi della cosa pubblica, focalizzando gli interessi sulle questioni di interesse personale tralasciando i diritti civili e la discussione della gestione politica del paese.


La situazione del futuro per la nostra democrazia è chiara. Alle speranze e alla voglia di partecipare dei giovani, togliendo risorse per la crescita personale e diminuendo gli investimenti, eliminiamo anche la loro voglia di potersi migliorare e migliorare il paese.


La richiesta dei giovani è forte: hanno voglia di migliorare la democrazia. L’ascolto degli adulti è debole. La risposta è nulla.


Non lavorano, non studiano e facciamo di tutto per non farli votare.
I programmi politici puntano a promettere vantaggi per andare prima in pensione, per pagare meno tasse, per proposte che soddisfino l’emotività di adulti e anziani che sono incompetenti nel valutare le urla dei talkshow e si fanno sedurre da chi gli sussurra sui social.


L’epistocrazia è l’unica filosofia che può dare una risposta ai giovani. Un maggior coinvolgimento delle ragazze e dei ragazzi per un voto consapevole può produrre vantaggi per loro e riportarli sul podio.
Ma il politico populista che conta comodi voti e facili consensi ha vantaggio nell’investire nei giovani?

Luca Cappellini

Warehouse Stock Manager in azienda leader delle Grande Distribuzione Organizzata. Bibliomane appassionato e quando i quattro figli lo permettono si dedica all’arte della navigazione a vela e al violento gioco degli scacchi. La parola usata più di frequente è “pragmatismo”.

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